“Non c’è matrimonio che concluda la prevedibilità del teorema shakespeariano ne ‘La bisbetica non domata’, allestita dal Teatro Scientifico, per l’Estate Teatrale, al Chiostro del Conservatorio Dall’Abaco. […] Caterina non solo non è ‘addomesticata’ dal burbero Petruccio ma addirittura sostituisce l’ammonimento finale sull’obbedienza muliebre con un elogio della felicità nella libertà. […] L’operazione che ha fatto Luca Caserta triplica […] il peso della bizzosa e isterica Caterina, facendola prima entrare in tutte le trame delle relazioni in scena per poi farle stabilire l’autorità della donna su ogni umano agire. […] Barili di petrolio, pneumatici e carcasse di macchine abbandonate svolgono il ruolo di cornice e di contorno. […] Petruccio arriva su una moto da Living, abiti e scene rimandano a un ‘Blade Runner’ senza fumi e notti: quadro certo coerente che accoglie anche i ritmi tribali del gruppo dei Kuma Kan in scena con tamburi e xilofoni etnici”.
(Simone Azzoni, “L’Arena”, 28/08/2006)
“La bisbetica non domata, […] trasposizione della famosa opera di Shakespeare nel desolato e rovente deserto di uno scenario post atomico: lunghe carovane di uomini e mezzi (tecnologici) a fare da spola tra i pochi villaggi dell’immenso deserto assolato; la benzina e l’acqua come uniche merci di scambio possibili; mentre la società, nello strenuo tentativo di espiare quegli errori della storia passata che hanno devastato la terra, è regredita allo stato tribale (da qui la presenza di un capo tribù, oltre che sciamano. Battista, nello specifico). […] L’immaginario sipario si apre, Lucenzio fa la sua prima comparsa come ci si aspettava: è assetato, ha in testa un elmo per ripararsi dalla sabbia del deserto, ma soprattutto è stremato dal gran girovagare. […] Si arriva a metà dell’opera piacevolmente, divertendosi: da ricordare l’entrata in scena di Petruccio in sella a una rombante motocicletta. […] Da un certo punto in poi l’opera accelera improvvisamente, non accennando a diminuire nella spinta, piombando sul finale con un ultimo balzo, […] tra la foga dei personaggi che andavano e venivano all’impazzata. Il teatro è il luogo dei sogni”.
(Oscar Barone, http://lnx.whipart.it, 30/08/2006)
“La prima cosa che colpisce di questa bisbetica non domata di Caserta è l’originale ambientazione postatomica che richiama un film cult come Mad Max, poi non si può non segnalare la spettacolare entrata in sella a una motocicletta di uno degli attori principali o la bravura di Isabella Caserta nell’interpretare una Caterina intensa e donna vera, a tutto tondo. Senza trascurare però i percussionisti che, dal vivo, animano con i loro ritmi la parte finale dell’opera o la regia di Luca Caserta che ha disseminato questo lavoro, di cui ha anche scritto i testi, come è suo solito, di un ricco simbolismo. Così, ad esempio, i rapporti tra le due coppie di giovani, Caterina-Petruccio e Bianca-Lucenzio diventano archetipi, si spingono al limite della caricatura, mostrando due modi completamente opposti di essere, di sentire. Infine è nel finale la chiave di volta dell’intera rappresentazione: Caterina non viene domata, non si sottomette, ma afferma ciò che è con forza e in verità. Caterina non rifiuta l’amore, ma vuole essere lei a scegliere se e quando si innamorerà, non rifiuta nulla della vita, ma vuole, giustamente, il diritto di viverla a modo suo, di essere se stessa pienamente fino in fondo e di essere accettata per quello che è. Un messaggio importante che spesso dimentichiamo e che è giusto invece che anche il teatro ci ricordi.”
(Davide Galati, www.livepoint.it, 29/09/2006)
“Luca Caserta ha collocato la sua ‘Bisbetica non domata’, liberamente ispirata a Shakespeare, in un ipotetico futuro post-atomico, […] in cui le roccaforti costruite con materiali di scarto (lamiere, copertoni, ferraglia) sorgono come oasi in mezzo a lande deserte. Il cibo è portato da carovane che percorrono le rotte commerciali, le uniche vie che tagliano le Terre Aride, popolate da contrabbandieri, predoni, criminali di ogni genere. Acqua e benzina sono la vera merce di scambio. […] Ordine e ruoli sociali saranno ridefiniti dall’indomita Caterina, che impugnate le redini del potere affermerà vittoriosa la propria libertà. E’ lei che sceglierà il proprio compagno, è a lei che l’autoritario padre passa alla fine il bastone del comando. La regia di taglio cinematografico è condotta su un ritmo intenso e ha alcuni momenti dirompenti. Isabella Caserta è una Caterina che s’impone ancora prima del suo arrivo in scena […] e la domina fino alla scena finale che esplode nella musica dilagante dei tamburi e delle percussioni. Il ruolo del maschio passa in secondo piano: Battista, il capovillaggio (Maurizio Perugini), è un credulone sempliciotto; Petruccio (un Oscar Vallisari bene in parte), nonostante la sua arringa sui doveri della moglie verso il marito, […] è incapace di tener testa a Caterina; Lucenzio è il tradizionale innamorato. Il vero motore è la donna con la sua capacità intuitiva, la sua forza e la sua abilità. Anche Bianca (una convincente Elisa Bertato) sa usare astutamente la sua femminilità.”
(Rudy de Cadaval, “Hystrio”, anno XX, n. 1, 2007)
“In un Teatro/Laboratorio pieno fino all’inverosimile è andata in scena ‘La bisbetica non domata’. Il giovane, ma bravo drammaturgo Luca Caserta ha ambientato la storia in un futuro postatomico. […] Un panorama inquietante e drammatico per il destino dell’umanità. […] Bene ha fatto l’autore a mantenere la struttura della commedia brillante, che parla da sola di tanti problemi della nostra società. La regia è giocata […] su simboli che permettono una lettura a più livelli, è tenuta su di un ritmo intenso e ha alcuni potenti ‘coup de teatre’. Di grande effetto l’irruzione di Petruccio a bordo di una rombante moto d’epoca. Gustosissima la scena della lite furibonda che vede Caterina lanciarsi con tutta la forza del suo temperamento su Petruccio e dare il via a un duello a suon di mattarellate e padellate, un vero e proprio combattimento corpo a corpo. […] Ironicamente lirica la scena notturna tra Bianca e Lucenzio, che rimanda a quella del balcone di Giulietta e Romeo. Merito del successo di questo allestimento, tutto da godere, ma che induce alla riflessione, è senza alcun dubbio anche la grande prova attoriale di Isabella Caserta. […] Ben affiatato il cast. Alla fine, esplosione di meritatissimi applausi.”
(D.C.R., “Alla bottega”, anno XLV, n. 1, gennaio-aprile 2007)
“Una spassosa rivisitazione della commedia di Shakespeare, non priva di profonde riflessioni. Dopo la catastrofe nucleare, tutto si ridelinea […], ogni cosa, se pur scompaginata, riesce a trovare la giusta collocazione. E’ quello che si evince nella messa in scena di Luca Caserta, una interessante rivisitazione, o quasi un remake cinematografico, dalla forti tinte di uno spettrale e inquietante futuro prossimo che incombe sull’umanità intera. La scenografia, una sorta di magazzino bunker, dall’atmosfera sinistra, fa da sfondo alle vicende spassose e turbolente, di una delle opere buffe più conosciute dello scrittore inglese, che lo stesso Caserta, qui, rielabora con pura finezza mentale e con lo scopo precipuo di lanciare un palese messaggio sociale e civile. […] La vicenda è una sorta di altalena fra i due temperamenti, compeltamente all’opposto, delle due sorelle Caterina e Bianca. Assistiamo a un alternarsi di compiacimenti e smancerie di Bianca (la brava Elisa Bertato) nei confronti di Lucenzio, a una vera e propria guerra ingaggiata, senza esclusione di colpi, da Caterina (una ‘belligerante’ e straordinaria Isabella Caserta) nei confronti di Petruccio. […] Simbolo emblematico è il dono che lo stesso fa alla donna, i famigerati arnesi del focolare, in primis una padella, che di rimando Caterina darà in testa a Petruccio (il turbolento e accattivante Oscar Vallisari). Quella ‘padellata’ altro non è che un imprimatur, un aut-aut a quella conditio atavica che vuole la donna sottomessa e sempre pronta a dire di si. […] La figura maschile è messa quasi in ridicolo a iniziare da Battista (un convincente e simpatico Maurizio Perugini), il padre con lo scettro-bastone, sinonimo di autorità e, insieme, un inetto e disorientato individuo, che incarna lo spirito retrivo e provinciale di una società che aborrisce dinanzi la presenza dello straniero, dell’altro, visto come una minaccia per la comunità che vive entro le esigue quattro mura fortificate dell’ignoranza. Questa bisbetica, a differenza dell’altra, non sposerà Petruccio, ma non disdegnerà l’amore, in caso sarà lei a decidere come e quando capitolare nel matrimonio. […] L’epilogo è scandito da una sfrenata danza primitiva, che tutto riconcilia e che rimanda agli echi primordiali dove un tempo vigeva quello spirito autentico di gruppo che univga tutti, nel bene e nel male.”
(Claudia Formiconi, “Il Corriere di Roma”, 28/02/2007 e “Alla bottega”, anno XLV, n. 1, gennaio-aprile 2007)