LA VEDOVA SCALTRA
di Carlo Goldoni
con
Isabella Caserta
Andrea De Manincor, Francesco Laruffa, Maurizio Perugini
Elisa Bertato, Martina Colli, Stefano Soprana
regia Jana Balkan e Isabella Caserta
musiche dal vivo
Mattia Cominacini (batteria), Matteo Lonardi (basso), Niccolò Sorgato (chitarra) Oscar Vallisari (voce), Davide Veronese (tromba), Willi Veronese (sax baritono)
costumi Mariana Berdeaga – Laboratorio Teatrale
scene Laboratorio Teatrale, maschere Donato Sartori e Fucina dei Miracoli, attrezzeria Peroni
Il ritratto della “Vedova” sul manifesto dello spettacolo è del pittore Maurizio Zanolli
produzione Teatro Scientifico – Teatro Laboratorio
“La vedova scaltra”, scritta nel 1748, testo di passaggio tra la commedia delle maschere e la commedia di carattere, costituì una novità per il pubblico, non solo perché interamente scritta, ma anche per il nuovo modo di concepire i personaggi.
Vi convivono le maschere della Commedia dell’Arte e i personaggi presi dalla realtà di tutti i giorni. E’ giocata sull’astuzia di Rosaura che, indecisa tra quattro pretendenti che la coprono di attenzioni per avere la sua mano, escogita un piano per scoprire se i loro sentimenti nei suoi confronti sono davvero sinceri.
Trionfo della femminilità, donna forte e di carattere, Rosaura sa gestire con arguzia la situazione e riesce a capire con scaltrezza la verità.
E’ una figura nella quale ci si può rispecchiare ancora oggi perché presenta quella sensibilità e quell’intuizione che appartengono all’universo femminile. Sa ribellarsi al padre e si oppone alle nozze della sorella con un vecchio (lei ne aveva sposato uno del quale è rimasta vedova) e, ora che può, sospesa e in bilico per prendere la decisione giusta, ponte tra la commedia “vecchia” e il mondo nuovo, per sé “sceglie” di scegliere il suo uomo.
Scaltra nello svelamento della menzogna, Rosaura scopre la mancanza di sincerità dei pretendenti per individuare alla fine l’unico che non le ha mentito e sceglie la verità e la sincerità che ogni donna vorrebbe avere dal suo uomo.
L’allestimento, mantenendo intatto il testo e il linguaggio goldoniano, sottolinea il femminismo ante litteram (“è troppo barbara quella legge che vuol disporre del cuore delle donne a costo della loro sventura”) e la modernità di Rosaura che si prende gioco dei “vizi” dei suoi pretendenti e attraversa i ponti delle varie epoche in un gioco teatrale che arriva ai nostri giorni per suggerire l’evoluzione della donna e lo smascheramento sia della menzogna che della macchina teatrale.
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